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Il 41bis è un tunnel senza uscita, in tanti ci restano più di 20 anni – Il Riformista

La denuncia nel rapporto del garante

Angela Stella — 4 Aprile 2023

Il 41bis è un tunnel senza uscita, in tanti ci restano più di 20 anni

Il 41-bis così come applicato rischia di violare la Costituzione: è quanto emerso ieri durante la presentazione del rapporto sul regime speciale di detenzione tenuta dal Garante dei diritti delle persone private della libertà personale. Mauro Palma ha parlato di “criticità tra il diritto alla finalità rieducativa della pena, di cui è titolare ogni persona detenuta, le particolari misure adottate nella quotidianità dell’esecuzione di tale regime e le spesso parziali applicazioni di quanto ordinato dalla Magistratura di sorveglianza a seguito dell’accoglimento di reclami”.

Il Garante ha rilevato, infatti, dopo aver visitato tutte le sezioni del 41 bis, “la permanenza di una serie di restrizioni, peraltro previste dalla Circolare del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria del 2017, tuttora vigente, che incidono significativamente sulla qualità della vita delle persone ristrette”. Restrizioni che “non appaiono allineate alla finalità del regime: il diametro massimo di pentole e pentolini, mantenuto anche quando la Corte aveva annullato il divieto di cucinare; la limitatezza dei generi di acquisto di modico valore o cibi che risulta diversa da quella adottata nei circuiti di alta sicurezza (una circolare ancora indica che si può acquistare una melanzana); il numero di matite o colori ad acquarello detenibili nella sala pittura (non oltre 12); il numero di libri (4); le dimensioni e il numero delle fotografie che si possono tenere nella camera; il divieto di affissione alle pareti e alle altre superfici di fogli e fotografie, salvo «una singola fotografia di un familiare»; l’esclusione dell’acquisto di alcuni quotidiani a diffusione nazionale”.

Tutti aspetti che per il Garante nazionale “rischiano di far venir meno il fondamento assolutamente condiviso di un circuito che efficacemente interrompa la possibilità di mantenere contatti, comunicazione e linee di comando con le organizzazioni criminali”. Il Garante ha poi denunciato una “sospensione del trattamento tout court”. E “il passo tra ‘sospensione del trattamento’ e il rischio di abbandono della finalità costituzionale della pena che sempre è molto breve”. Al momento della redazione del Rapporto, le persone sottoposte al regime speciale sono 740, tra cui 12 donne, distribuite in 60 sezioni all’interno di 12 Istituti. Delle 740 persone in regime speciale: 613 hanno una condanna definitiva, 121 sono esclusivamente in misura cautelare, 6 sono internate in misura di sicurezza in una struttura definita come “Casa di lavoro” e sottoposte anch’esse a tale regime. Quanto alle pene definitive: 204 sono condannati all’ergastolo, 250 sono condannati a pena temporanea.

Quest’ultimo dato evidenzia “il fatto che un numero consistente di persone (nello scorso anno 28) rimane in regime speciale fino all’ultimo giorno di esecuzione della propria pena temporanea. Tale situazione è ritenuta particolarmente critica sotto il profilo della sensatezza (perché rinnovare la misura nell’ultimo biennio, sapendo che nel corso di quei due anni la persona uscirà a fine pena?)”. Nel corso delle proprie visite, il Garante ha riscontrato un considerevole numero casi di persone soggette costantemente al regime da oltre 20 anni, a volte dall’inizio della detenzione. Ciò indica che l’apparato motivazionale “si risolve correntemente nell’affermazione della «assenza di ogni elemento in senso contrario» alla capacità di mantenere collegamenti con l’associazione criminale, terroristica o eversiva, in adesione letterale alla formula della norma che su questo parametro fonda la reiterabilità del regime”. Tale formula limita la motivazione della proroga del regime specialealla prova di una circostanza negativa (una sorta di probatio diabolica) riferita a un elemento potenziale soggettivo – la «capacità» della persona di mantenere collegamenti con la criminalità associata – e non a uno oggettivo quale sarebbe l’effettiva permanenza dei collegamenti con l’associazione criminale”.

Nel Rapporto il Garante indica alcune raccomandazioni, tra cui: “tutti gli ambienti siano riconfigurati in modo tale da permettere un sufficiente passaggio di aria e di luce naturale, a partire dalla rimozione delle schermature delle finestre, salvi i casi limitatissimi in cui siano indispensabili a impedire il contatto con altri detenuti o con personale esterno; siano ripensati e adeguati i cortili di passeggio in maniera da non incidere negativamente sulla capacità visiva e consentire effettivamente attività fisica e sportiva; sia avviato con urgenza un percorso di alfabetizzazione e istruzione di base e sia potenziato comunque l’accesso agli studi ai diversi livelli; sia emanata una nuova Circolare sulle modalità di attuazione del regime speciale con linee-guida generali che assicurino l’esclusione di misure restrittive non strettamente funzionali alla prevenzione dei collegamenti interni ed esterni con la criminalità organizzata”.

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