(ANSA) – NAPOLI, 05 APR – Detenuti feriti “con evidenti lividi ed escoriazioni, privati di vestiario, biancheria intima e lenzuola, impauriti e sporchi perché lasciati senza doccia”; e agenti penitenziari “non collaboranti, che mi rifiutarono persino una penna”. Fu questo lo scenario che si è trovato di fronte il magistrato di sorveglianza Marco Puglia, primo giudice ad entrare nel carcere di Santa Maria Capua Vetere dopo il pestaggio dei detenuti del 6 aprile 2020, e primo a parlare con alcune delle vittime, stilando una relazione che è stata la base per l’avvio delle indagini da parte della Procura, che ha poi portato alle misure cautelari del giugno 2021 e al processo attualmente in corso all’aula bunker del carcere.
È stata una testimonianza importante e di “primissima mano” quella resa oggi dal magistrato Marco Puglia al dibattimento ai 105 imputati tra agenti penitenziari, funzionari del Dap e medici dell’Asl.
Rispondendo alle domande dei pm Alessandra Pinto e Alessandro Milita, Puglia ha ricostruito cronologicamente quanto accaduto il 6 aprile, quando già la mattina Puglia si recò al carcere per riportare la tranquillità dopo la protesta scoppiata il giorno prima per la positività al Covid di un detenuto; quando andò via, iniziò la perquisizione straordinaria durante la quale avvennero le violenze. (ANSA).
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