NAPOLI – L’ultima volta, e si era a settembre, giocarono più o meno quelli che ci saranno stasera: poi, per ridare un senso alla propria idea e cominciare anche a spargere genialità che riempissero la storia, Spalletti tirò fuori Raspadori, chiese a Simeone di fare qualcosa che ricordasse Osimhen, e le luci di San Siro divennero accecanti. Chissà se il Napoli è nato quel giorno o prima o dopo, probabilmente è un dettaglio, ma quello fu un segnale che servì pure per cancellare il recente passato – la sconfitta del 6 marzo 2022, il primo cedimento nella corsa a «quello» scudetto – e per far pace con se stesso, aggiungendo al talento l’autorevolezza. Mentre Napoli-Milan sta per cominciare, è profondamente chiaro che lo sviluppo della partita sarà misterioso, perché le trappole non s’annunciano ma si sistemano, ma Spalletti che con Pioli ha perso una sola volta, e fu proprio quella, sa che il diavolo ha preparato le pentole e pure i coperchi. È una partita strana ed egualmente priva di calcoli ma non di strategie: al Napoli serve per riacquisire il proprio ritmo, per starsene a distanza sempre assai ragguardevole da chi insegue nelle brume della classifica, per analizzarsi in prospettiva Champions e per inquietare psicologicamente il Milan.
Difesa
La miglior difesa del campionato ha i propri codici, le uscite dal basso, gli esterni che vanno dentro al campo e creano la superiorità, una capacità di «aggredire» alta o anche di abbassarsi, la sensibilità del palleggio di Mario Rui e Di Lorenzo, le letture per sfuggire al pressing da parte di Rrahmani e Kim, che fanno da sé o scaricano tra le linee per non rendere banale la manovra. Là dietro, intanto, operazione in prospettiva: Juan Jesus accompagnato dal suo procuratore, Roberto Calenda, ha rinnovato fino a giugno 2025 con opzione per il Napoli fino al 2027.
Centrocampo
La luce è Lobotka ma le interpretazioni appartengono, chiaramente, anche ad Anguissa e a Zielinski, alla loro capacità di restringere gli spazi in fase passiva, di crearne in quell’attiva, di modularsi secondo le richieste della partita, che può aver bisogno (anche) di una mediana a due. Nei movimenti, passi di danza con leggerezza, c’è la dimensione surreale del Napoli, la sua eleganza nel definire le ampiezze e la costruzione, che ha bisogno dei ritmi ma anche dell’intelligenza per annullare una gabbia presumibile su Lobotka e la densità nel mezzo con cui Pioli vorrà soffocare l’intraprendenza di Spalletti.
Attacco
Con Osimhen, dall’enciclopedia sarebbero stati estratti vari concetti; senza di lui, almeno uno può essere escluso o ridimensionato, perché la ricerca della profondità può essere utile per arrivare a Kvara più che a Politano, un po’ meno a Simeone. Ma il Napoli ha già provveduto ad anestetizzare la sofferenza per l’assenza del suo centravanti, lo ha fatto giocando in larghezza per chiudere nel mezzo dall’area, ha esaltato le accelerazioni dei propri esterni – bassi o alti – ha saputo occupare lo spazio nel quale Simeone sa galleggiare come un «tanghero». O altrimenti appoggiarsi su Kvara, quello degli uno contro uno, quello del rigore strappato a San Siro, quello che è l’altra faccia di Osi o il suo piede destro (a sinistra).
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