Quando il cammello si è incamminato verso la cruna dell’ago, in diecimila se ne sono stati con lo sguardo perplesso, quasi distratto, ed hanno pensato che poi ci sono le leggi della fisica: e nell’istante in cui il miracolo s’è realizzato e la gente s’è messa le mani nei capelli, come Consigli, allora è stato necessario cominciare a chiedersi come possano accadere prodigi del genere nella natura (del calcio). Non bisogna essere scienziati, né padroni di un’intelligenza naturale o artificiale particolarmente evoluta per comprendere che lo 0,018% di possibilità sia poco più di niente, e quel frammento di speranza, quell’oncia di fiducia è apparsa al Mapei come un microscopico, impercettibile cenno d’ottimismo da parte di Victor Osimhen per dimostrare che le vie del Signore, e pure a volte quelle gol, sono infinite. Gli è bastato usare un po’ il corpo, per liberarsi di Erlic, poi il destro, la sua arma chimica che la natura gli ha donato, e dinnanzi a sé Osimhen ha visto spalancarsi un mondo, verrebbe da dire un altro, perché in quel macro universo definito xG – il simbolo di un’Idea da realizzare – lui ci si era già infilato, per esempio a La Spezia. La porticina del Sassuolo non offriva spiragli, a pensarci bene, tra il palo e Consigli è rimasto quel filo di luce inconsistente, che però a Osimhen è bastato, eccome, per farne una delle sue, si chiamerebbero prodezze che si potrebbero definire capolavori, e al Napoli lo scudetto (ops, si può dire?) è sembrato persino di vederlo.
Il ciclone
I gol si contano, i gol si pesano, i gol si creano pure dal nulla, tentando con la forza della ragione ad abbattere qualsiasi luogo comune: Osimhen ci ha creduto, ha sentito di avere la fisicità e il piede per sgretolare la resistenza dell’ovvio, ha fuso quella sua tecnica che un tempo appariva approssimativa e che Spalletti ha provveduto a ripulire, ci ha messo dentro la potenza concentrata in quel fisico statuario, da atleta autentico, ed ha sfondato il muro del suono o qualcosa di surreale. Il ciclone-Osimhen non ama tuffarsi in imprese semplici, ha deciso che conviene stupire ad oltranza e lasciare il segno del proprio talento ingovernabile: nove reti nelle ultime sette giornate rappresentano un primato e lo rendono persino unico sistemandolo al di là del pipita, l’avvicinano pure al bonus di 130.150,00 che scatterà al ventesimo gol (ormai gliene manca uno) e che potrebbe essere bissato, superando la soglia delle venticinque reti (ma farne sei mica è proibitivo!).
The Champions
Ma questi sono dettagli ch’evaporano dinnanzi al tweet gioioso di una domenica diversa, piena di lui, della sua centralità nel Napoli, di un’allegria che viene sparsa per tranquillizzare una città perdutamente innamorata di lui e preoccupatasi, a Reggio Emilia, quando le smorfie hanno annunciato la sostituzione ed allungata la paura. «Niente di preoccupante, sto bene». E va incontro all’Eintracht Francoforte, a quella Champions League che gli ha abbassato – e terribilmente – quella media da supereroe, il paradosso statistico di chi in campionato segna ogni 89′ e in Europa ha invece avuto bisogno di 168′, per esultare contro l’Ajax, dopo aver sbagliato un rigore con il Liverpool, averne saltate tre e quindi essersi ritrovato solo in quelle apparizioni che gli ha concesso il destino. In pratica, mancava la cruna dell’ago, perché Sassuolo-Napoli l’ha (ri)detto: niente è impossibile.
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