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Osimhen giovane bomber: solo Vinicio come lui

NAPOLI – Ogni mattina, ed erano nel ’56, o’ lione si svegliava e sapeva bene cosa doveva fare. E pure adesso, che siamo nel 2023, ogni sera, od ogni santa volta che si gioca, una gazzella scende in campo e sa che deve correre, per far meglio de o’ lione. Ogni statistica ha il suo tempo – e viceversa – ma in questa stagione magica, piena di calcio e di sogni, ogni volta che Victor Osimhen segna, il sismografo delle emozioni vibra e i numeri vacillano: a meno di venticinque anni, solo Luis Vinicio – in arte o’ lione – è arrivato a tanti, a farne quattordici in un’età che sa di zona mediana d’una carriera da sviluppare. Poi, ma più maturo, attese il ’58 per infilarne quindici. Alla ventesima giornata di questa favola in cui non si vedono re leoni e neppure gazzelle, Victor Osimhen, ventiquattro anni il dicembre passato, s’è inventato di tutto, anche piccoli primati, perché Antonio Vojak ne segnò quattordici (1930-31) quando era già un bel pezzo avanti, con ventisette primavere che in quell’epoca dovevano essere forse pure tante. L’uomo dei record, cioè il pipita, all’anagrafe Gonzalo Higuain, per la storia l’uomo che sgretolò il record di Nordahl dopo circa sessant’anni, alla ventesima della stagione 2015-16 arrivò a venti, ma non era più un bambino, stava ormai alla soglia dei ventinove anni e in cinque anni per Osimhen tante cose possono ancora succedere. 

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La classe

Prima, neanche poi in qualche era geologica fa, si discuteva sulla tecnica, su quella presunta approssimazione nei fondamentali che sembrava una pagliuzza confusa per trave: ma ora, ora che il vocabolario del bomber è stato strapazzato mettendoci dentro tutto – stop di petto, palleggio di coscia, “fucilata” sotto la traversa – per indagare su Victor Osimhen c’è bisogno d’altro. I piedi ci sono, pure quelli, hanno una sensibilità che Spalletti ha lasciato germogliare con il lavoro; e poi c’è l’altruismo, ovviamente l’atletismo, quel senso di appartenenza che diventa un invito a scrutare nell’anima del Napoli, di questi bravi ragazzi che hanno scelto di inchiodarsi nella Storia. 

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Ritmo

Cinque reti nelle ultime quattro giornate, perché poi l’appetito viene mangiando: il 2023 di Osimhen comincia a Marassi, basta ricordarsene come, andando a scavare un pallone nella propria metà, avviando l’azione poi chiusa con l’irruzione in area, di piatto e in anticipo sul difensore, quando Mario Rui è arrivato a lui. E con la Juventus, doppietta “diversa” il tap in dopo la sforbiciata di Kvara respinta da Szczesny; colpo di testa sul cross del socio georgiano, al quale intanto aveva concesso un assist, perché così fanno i filantropi del gol. A Salerno, gli venne comoda: tap in dopo il palo di Elmas, palla scivolosa, in cui hai tutto da perdere, ma che non si può sbagliare. Ha saltato sette partite, una stagione spezzata proprio quando stava cominciando, contro il Liverpool (e dopo aver sbagliato un rigore); e comunque poi un anno ripreso per i capelli, ma in fretta, perché i suoi ultimi dodici gol li ha messi assieme in undici partite, nelle quali ha saltato solo due appuntamenti, con l’Empoli e a San Siro con l’Inter, e comunque complessivamente ce ne sono sedici in quattordici giornate. Un leone e una gazzella. 

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