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Reggio, Vania D’Angelo propone di organizzare un congresso mondiale sull’allevamento del baco da seta

“Conversare con Filippo Sorgonà, giornalista, esplorando al telefono i percorsi del Museo della Seta di Ortì, ridente borgo alle pendici dell’Aspromonte, diventa un’esperienza inedita e sorprendente: lo contatti per ricevere qualche informazione da brochure e sei accolta da una voce che agli internazionali evoca l’effetto cocoon , morbida, avvolgente, calda già nel timbro e soave nella calma della lentezza rispettosa dell’ascoltatrice. Sì, sembra di avvertire la bambagia candida del bozzolo e una zona comfort di protezione: valori sani di altro tempo. Il procedere della conversazione che è appunto, parlare, dialogo costruttivo, come un parto maieuticamente genera un’idea di approdo. Filippo, che con la famiglia, gestisce e cerca di vivificare la realtà del piccolo museo, mi enfatizza che non vuole vendere nulla. E’ quanto afferma Vania D’Angelo. “Un mio momento di silenzio riflessivo di ricognizione precede il mio intervento a ricordargli che brandizzare non è operazione corruttiva bensì utile e opportuna per far conoscere e veicolare il valore della struttura alla percezione di ogni cellula della Città metropolitana e quella cellula è l’individuo, ogni individuo reggino. Se è vero che un agglomerato urbano può assurgere a metafora di un essere umano, e il monologo di Menenio Agrippa ci dovrebbe far comprendere appieno il senso del coordinamento di un tutto, può la psicologia accendere un riflettore nuovo? Forse è bene ricordare che la persona può vivere bene e relazionarsi con le altre se ha acquisito coscienza di sé autentica e sano orgoglio delle proprie possibilità. Le risposte sono naturalmente affermative. Reggio Calabria deve credere in se stessa autoinstillando nelle sue cellule un senso di appartenenza forte che metabolizzi benignamente anche le pieghe e le imperfezioni meno attraenti: come un individuo che impari a cogliere opportunità negli ostacoli che la natura e la vita gli frappongano. Ecco perché anche il revival tourism, ovvero il turismo della rinascita, può divenire logica di un sistema a ragnatela che da un tema centrale può generare una raggiera interconnessa di attività. Organizzare un convegno che coinvolga studiosi e ricercatori di tanti settori, pronti a dibattere e apportare i rispettivi contributi sulla possibilità di ricostruire, riutilizzare, ristrutturare, rigenerare, potenziare beni, attività e risorse locali. La presenza delle Università è dunque chiave di volta. Ricordo che nel Regno Unito varie organizzazioni creano opportunità di scambio con altri paesi per il volontariato archeologico: scavare in Northumbria alla ricerca di monili e strumenti medievali, imparando la lingua con vitto e alloggio gratuiti”, rimarca D’Angelo.

“Un congresso nazionale e mondiale sull’allevamento del baco da seta qui a Reggio Calabria – propone D’Angelo– può includere vari talk sulla storia, sulle scienze e tecnologie agrarie, sulla moda, sul design del telaio, sulla letteratura o ancora sul marketing? E poi il Museo Archeologico della Magna Grecia con i suoi reperti che parlano di tessitura ? Ne parliamo? I b&b della città possono brandizzare l’idea di offrire ai clienti il piacere unico di riposare tra lenzuola di seta rilassanti al tatto e per la psiche, magari realizzate da una famosa azienda italiana che sia illuminata a tal punto da interagire nelle forme consentite e più creative con i piccoli produttori locali? E leggere “La seta” di Alessandro Baricco o coinvolgere l’Università Dante Alighieri e la Scuola per Mediatori linguistici “Don Calarco” per corsi di italiano, inglese e altre lingue sul glossario della moda, della tessitura, dell’economia satellite? E ancora, mi chiedo, il congresso è solo evento per studiosi e intellettuali? Attività simili possono essere organizzate per tutta la cittadinanza a vari livelli ? Non è forse la logica delle mappe concettuali alla Scuola Primaria e oltre? Cerchiamo di capire come, insieme, ognuna e ognuno per la propria parte e il proprio ruolo, possiamo pensare a vivificare la realtà rappresentata dalla chiesetta della Graziella di via Sbarre Superiori? Sarà, per quanto mi riguarda, il tema del mio prossimo articolo. Ma, infine, un interrogativo su tutti: mi sento più mall (leggo /mool/) o mole (leggo /moul/) ? In inglese la parola mall significa centro commerciale e la sua logica vincente, secondo la letteratura di settore più autorevole, è che se esiste un negozio ad esempio, di scarpe se ne può aprire un altro accanto dello stesso settore merceologico: insieme è più attrattivo perché ciò che conta è l’immagine complessiva del centro il cui effetto positivo ricade su tutti gli esercizi che lo compongono. Il termine mole può significare talpa o neo. Evoca un’immagine di involuzione, di ripiegamento su se stessi , di concentrazione sul proprio orizzonte buio, sotterraneo, verso il basso: è l’assenza di orientamento alla rete e alla strategia di network. Speriamo che la mentalità stigmatizzata dai versi di Nicola Giunta sull’invidia sia smentita da future sinergie interne ed esterne. Possa Reggio Calabria ritrovare la sua aria. Roland Barthes nella “Camera chiara” racconta che dopo aver guardato tante fotografie della madre, rimaneva rapito dall’ aria ovvero da quell’ alone imponderabile e indefinibile dell’immagine del soggetto principale, oltre il ricordo delle singole pellicole in sé. Lo straniamento dei sensi e dell’anima come farfalla che si libra dal bozzolo delle certezze qualitative. E questo forse il brand ? Una città che parla, rivive”, conclude D’Angelo.

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