NAPOLI – Il tempo di guardarsi intorno e l’aria diventa di nuovo respirabile: per fortuna che c’è Kvara, con quel sorriso sbarazzino e il dribbling che sembra un tocco di borotalco sulla pelle rovinata da una notte torbida, affrontata all’addiaccio. E’ un giorno nuovo e basta immergersi in quell’atmosfera per avvertire che qualcosa sta cambiando, forse anche l’umore, che la Cremonese ha rovinato con la perfidia di un killer da dischetto: ma sabato è un’altra storia, c’è il derby, il campionato, la Storia che può essere orientata ancora sull’unica vera, umanissima ossessione e Kvara sta lì, senza febbre e (ovviamente) senza paura, persino senza alcuna distrazione che il mercato potrebbe spargere come un batuffolo d’anestesia sulla favola. «Manchester City? Io non ho nessuna carta sul tavolo». Tra principi e sceicchi, c’è sempre il rischio di perdersi in quel vociare che s’avverte intorno alla fiera dei sogni: e quando Salernitana-Napoli sta per avvicinarsi, e la ferita per la sconfitta con la Cremonese ha necessità di essere suturata in fretta, il balsamo sull’anima è in una frase secca che Mamuka Dzhugeli, il manager di un fenomeno paranormale, offre al portale Championat per rassicurare dal “Maradona” in su. «E non c’è nessuna carta neppure nel Napoli». In quell’alba ancora gonfia di amarezza, con la Coppa Italia che si è dissolta, ai tifosi coreani che aspettano Kim piace un sacco perdersi nei selfie con Kvara, il re (o il viceré, Osi?) d’una città che si aggrappa al talento di un fuoriclasse capace di conquistarli con il tiraggiro, nove gol e dodici assist, la produzione esagerata sviluppata da un cervello che una ne fa e cento ne pensa.
Voglia di…
Kvara c’è e lotta di nuovo assieme al Napoli, per spazzare via quel senso di disorientamento che si è sparso (ovviamente) a Castel Volturno per una notte pazza e imprevedibile, consumata imprecando al vento e alla pioggia, forse pure un po’ con se stesso, e rimpiangendo le diavolerie di un genietto costretto a starsene a casa, un termometro a portata di mano e il rimpianto di non poter far nulla. Ma è stato un attimo, un accidente lieve e passeggero, un martedì inutile rovinato ma da suturare in fretta, provando a spaccare altre partite per proiettarsi in quel futuro che gli appartiene per intero e che Mamuka Dzhugeli gli consegna al di là del formalismo, persino del contratto, ma affidandosi a una mozione d’affetto: «C’è la possibilità di vincere il campionato e di lottare in Champions League: e in un momento del genere, come si può pensare ad un’altra squadra?». E’ tutto scritto tra i rivoli di questa settimana da affrontare, avendo in testa semplicemente il derby, ripetendo (a memoria) i movimenti di sempre, aspettando che arrivino le diciotto di sabato per dimostrare a se stesso e se occorre anche a Napoli ch’è stato un incidente di percorso, il piede messo in una buca o in una trappola disegnata dal destino, 120′ minuti nati storti e finiti peggio, con quel terribile riflesso sgradevole che può essere scacciato semplicemente ricominciando da Kvara, magari dalla Juventus, dalla sforbiciata utile poi a Osimhen per fare 1-0, dal suo 2-0 sul cadeau del socio in affari, dalla parabola per servire Rrahmani o, ancora, da quel collo-interno, sublimazione di un gesto tecnico, per dire al partner della premiata ditta del go, pensaci tu.
Rieccolo
E’ stata una serata balorda ma oramai appartiene al passato e per ridurla a dettaglio dell’esistenza esiste una sola terapia d’urto: rialzarsi, puntare l’avversario, fintare di andare sull’interno e poi, conversione, fare l’opposto, cercare la porta, semmai trovarla o anche no, perché la generosità non gli manca. E quando si trova Kvara, un amico, il Napoli trova un tesoro.