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Napoli atomico, lo studiano anche negli Usa

NAPOLI – L’America è lontana, dall’altra parte della luna, ma le voci corrono, le immagini irrompono sui social, il calcio si fa largo con manite possenti e tra il football e il basket, il Napoli finisce per intrufolarsi con quella sua faccia da scugnizzo e l’espressione amabilmente canaglia: «L’attacco più devastante del calcio europeo» entra di diritto sul New York Times, rompe (quasi) un fronte, certo diventa una rarità, come un francobollo da collezione o un evento da celebrare senza se e senza ma, evitando di girarci intorno, adagiando Osimhen e Kvara tra i personaggi di questo macrocosmo che si prendono la scena.

Calcio rock

Sessantaquattro gol in ventiquattro partite rappresentano un’idea che sublima il calcio, l’eleva a spettacolo, quasi ad illusionismo, trasformano la normalità in capolavoro dell’arte moderna, un po’ rock e un po’ pop, e dilagano pure sul New York Times, perché le notizie vanno “ascoltate” soprattutto se fanno rumore: il 5-1 sulla Juve ha la funzione del detonatore, lascia il segno, diviene un’eco, sa di impresa a cui offrire una vetrina.

La giostra

Cinque gol a Madame – come al Verona, alla prima di campionato – dopo averne dati anche sei all’Ajax in casa sua, ma pure quattro al Liverpool (e al Monza, e alla Cremonese, e al Sassuolo e di nuovo all’Ajax) rappresentano un calcio diverso, straripante, la traccia di una felicità che il primato in classifica trasforma in delirio.

I record

E poi quei sessanta- quattro gol diventano aspettative e persino proiezioni, s’allungano nel futuro che può prevedere complessivamente quarantuno o cinquanta partite – dipende ovviamente dal- la Champions League e dalla Coppa Italia, dunque dal cammino da dover affrontare – induce a sospettare che il primato di Sarri possa crollare, sommerso dalla valanga azzurra di Spalletti che a questo punto è già stata capace di fare meglio. I numeri, a modo loro, sanno anche esprimere un’anima.

Quota cento

La prima volta che il Napoli andò oltre quota cento gol, stagione 2013-2014, Rafa Benitez, il padre delle varie rivoluzioni, instillò il respiro internazionale, diede forma alle visioni, e nella sua seconda stagione, ormai lanciato con la sua Idea, riuscì a ripetersi e a toccare di nuovo le 104 reti come nell’anno del debutto partenopeo. Ma il Napoli ormai s’era impadronito d’una autorevolezza da esprimere gioiosamente, attraversò quel solco pure con Sarri, spingendosi prima a 106 e poi, incredibile ma vero, a 115, una macchina infernale, prossima alla perfezione e quasi – quasi – inimitabile, come dimostrano Spalletti e la sua brigata d’ingovernabili scugnizzi. Il Napoli di Sarri, alla diciottesima, ne aveva segnati 40, e pure quest’indizio può trasformarsi in prova. Stavolta, e dipenderà dal destino, Spalletti può arrivare a 109 ma anche allungarsi fino ai 133, che demolirebbe qualsiasi primato: lo diranno gli dei o, di nuovo, (anche) al New York Times.


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