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Napoli, l’intreccio del destino: quando Meret era vicino allo Spezia

Inviato a La Spezia – Si fa in fretta a ritrovarsi con le mani in mano, i guanti adagiati sulla seggiola e i pensieri spettinati da quel venticello calunnioso che nel calcio soffia non appena si apre una porticina: un’estate fa, eppure sembra passata un’eternità, Alex Meret poteva semplicemente starsene da solo con se stesso, chiedersi come e perché l’avessero sistemato sull’uscio di Castel Volturno e provare anche a darsi risposte che non fossero poi banali.  
Empoli, certo, rappresentava un tormento, ma nel contesto di un anno intero, nel prima e dopo, c’era stata la «normalità», quell’angoscia sottile del ballottaggio con Ospina, una diffidenza percepita a pelle e l’assenza di continuità che ne frenava l’istinto e pure il talento visibile a occhi nudo.  
Empoli diviene lo spartiacque pure ambientale, la resa definitiva e assoluta del Napoli, e Meret sulle sue spalle gracili (?) deve caricarci pure quel diabolico retro-passaggio ch’è più scivoloso d’una vipera e che contribusice a trasformare lo 0-2 in 3-2: dai processi alle sentenze, nel calcio, è un attimo, con la ceralacca che cola pigramente sul passato e lo poggia negli scaffali della memoria. Nell’insospettabile rivoluzione che serve per riscrivere la Storia, David Ospina si infila per scelta, preferisce i petroldollari, si congeda e lascia incustodita una porta ch’è di tutti tranne che di Meret, che appartiene un po’ a Navas e un po’ a Kepa, un po’ a Vicario e un po’ a Trapp, trapezisti naif di quest’epoca moderna in cui si inseguono raffinati palleggiatori per la costruzione dal basso.  
A Meret non restava che la «distruzione» dell’anima, la percezione di un vuoto di cui sbarazzarsi e la proposta dello Spezia fu un balsamo: avrebbe lottato presumibilmente per la salvezza, pazienza, sarebbe servito pure per rimettere in gioco se stesso, per riveder la luce, nascosta oltre i battenti di una critica tanto al chilo. Il mercato è adulatore, un amabile bugiardo: fatta, già fatta, anzi si farà, aspettando Navas o Kepa o Vicario o qualcuno che ci mettesse le mani, certo non Meret, con la valigia sul letto e il sospetto che fosse finita lì, portandosi appresso solo i rimpianti. Ma non si butta via così il «bambino» con l’acqua sporca e i contratti si sono smarriti nelle autostrade del cielo: Navas rimase a Parigi, Vicario all’Empoli e Meret al Napoli. Le nonne hanno sempre ragione: quando si chiude una porta, si apre un portone. 

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