di Gianmarco Di Napoli
Paolo Stasi sarebbe stato coinvolto nel confezionamento e nello spaccio di sostanza stupefacente, probabilmente “fumo”. Paolo Stasi sarebbe stato ucciso a causa di un debito, di dimensioni modeste, accumulato nei confronti di chi lo riforniva di droga. La madre di Paolo Stasi, Annunziata D’Errico, era a conoscenza del fatto che la sostanza stupefacente era detenuta (e probabilmente anche utilizzata) nella loro abitazione di via Occhi Bianchi: sarebbero queste le tre ipotesi, strettamente concatenate e inquietanti, che emergono dalle poche pagine con cui il Tribunale del Riesame di Brindisi ha respinto la richiesta di dissequestro dei circa novemila euro in contanti e di una pistola a gas, operato dai carabinieri nei confronti del terzo personaggio che è finora coinvolto nella vicenda, il neodiciottenne che avrebbe avuto con Paolo rapporti relativi alla compravendita della droga e che si sarebbe trovato sul luogo del delitto la sera del 9 novembre.
IL RUOLO DELLA MADRE
Un ruolo sempre più centrale nella vicenda sembra assumerlo la mamma di Paolo, Annunziata: la donna già qualche giorno dopo il delitto insultò il diciottenne con un messaggio pubblico su Facebook. Fu di fatto quello l’input per la svolta alle indagini. In una serie di interrogatori davanti al magistrato (almeno tre) nelle vesti di persona informata dei fatti, durante i quali le venivano mostrati alcuni suoi dialoghi con il figlio via chat recuperati dal telefonino sequestrato alla vittima, la donna avrebbe ammesso di essere a conoscenza che Paolo custodisse in casa sostanza stupefacente. La donna non risulta al momento essere indagata.
LA TELEFONATA
Questi rapporti tra Paolo e l’altro ragazzo sarebbero confermati da alcuni contatti telefonici che sarebbero avvenuti tra i due poco prima del delitto. E spunta a questo proposito l’ultima telefonata del diciannovenne, prima di essere ucciso. Non si sa chi fosse il suo interlocutore, ma sarebbe durata solo venti secondi. Impossibile conoscerne il contenuto: forse solo i secondi necessari per prendere un appuntamento, quello con la morte. L’utenza è stata individuata dai carabinieri e ha condotto i militari a un cittadino di origine straniera che si è rivelato essere estraneo ai fatti. Questa situazione sembra essere una pratica comune nell’ambiente dello spaccio di droga, ossia intestare un telefonino a un prestanome che non ha nulla da perdere.
LA BORSA
A questo punto tutta la vicenda giudiziaria viene rimessa in discussione, compresa la dinamica effettiva del delitto e l’orario in cui sarebbe avvenuto.
Accanto al cadavere i carabinieri sarebbe stata rinvenuta per altro una misteriosa borsa il cui contenuto non è stato rivelato e che è stata posta sotto sequestro.
Una pista quella della droga che in qualche modo era stata anticipata dalla
scelta del medico legale cui venne affidata l’autopsia sul corpo del ragazzo ucciso: Raffaele Giorgetti, docente presso l’Università delle Marche, ma soprattutto specializzato in tossicologia forense.
Al centro dell’indagine, condotta dalla procura di Brindisi e da quella per i minori di Lecce, c’è da alcune settimane un ragazzo che ha appena compiuto 18 anni ma che al momento del delitto era ancora minorenne, amico del 19enne ucciso che frequentava la casa della vittima. Il diciottenne è indagato a piede libero su due piani paralleli che evidentemente in qualche modo gli inquirenti ritengono intrecciarsi: il concorso nell’omicidio di Paolo e la detenzione a fini di spaccio di sostanza stupefacente. Ma evidentemente manca la prova definitiva per incastrarlo.
Nella sua abitazione i carabinieri hanno sequestrato quasi novemila euro in contanti, che il ragazzo sostiene essere in parte provenienti da compensi per il lavoro svolto nell’azienda di uno zio e in parte dai regali per il suo diciottesimo compleanno. In casa aveva anche una pistola a gas che riproduce una Gluck 17: l’arma verrà sottoposta a perizia balistica, anche se appare improbabile che possa essere quella utilizzata per il delitto.
C’è poi il mistero del secondo ragazzo indagato, un diciannovenne: anche su di lui, evidentemente, non ci sono elementi tali da giustificare provvedimenti restrittivi. Anche lui orbiterebbe negli ambienti dello spaccio.
LA FAMIGLIA
Intanto la famiglia di Stasi “stigmatizza la spettacolarizzazione della vicenda giudiziaria”. A scriverlo è il legale della famiglia Stasi Domenico Attanasi che, con una nota, pone alcune precisazioni.
“La famiglia Stasi – scrive il legale – stigmatizza la spettacolarizzazione della vicenda giudiziaria riguardante l’omicidio del giovane Paolo ed in particolare le indiscrezioni e i resoconti parziali di atti giudiziari veicolati tramite interviste rilasciate all’indomani del provvedimento del Tribunale del Riesame di Brindisi. Ad oggi gli unici elementi certi sono costituiti dal fatto che vi è per lo meno un indagato per il reato di omicidio volontario, che le indagini sono ancora in corso e che il Tribunale di Brindisi ha respinto l’istanza di riesame proposta da un indagato avverso il sequestro di un’arma e di una considerevole somma di denaro contante. Nell’attesa degli eventuali sviluppi di un procedimento che deve avere la sua sede naturale nelle aule di giustizia, e nell’ambito del quale anche il diritto di difesa delle persone indagate potrà essere pienamente esercitato, appare davvero intollerabile l’accensione di un riflettore mediatico e i toni allusivi adoperati per commentare aspetti della vita privata della vittima di un così efferato delitto, soprattutto in ragione del fatto che gli stessi non stati evidentemente ritenuti rilevanti in chiave difensiva dal Tribunale del Riesame di Brindisi”.
Nei giorni scorsi, il legale del 18enne indagato per omicidio e spaccio di sostanze stupefacenti, Leonardo Andriulo, aveva rilasciato un’intervista ad Antenna Sud parlando di una chat tra la vittima e la madre, ora al vaglio degli inquirenti. Dichiarazioni arrivate a margine del rigetto del riesame presentato dal legale.
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