L’ultima chiamata ricevuta da Paolo Stasi, pochi minuti prima di essere ucciso, è stata effettuata da un numero che era memorizzato nella rubrica del suo smartphone con il nome e il cognome del diciottenne indagato a piede libero per l’omicidio: è quanto emergerebbe dalle indagini condotte dai carabinieri e che si sono concentrate ormai da oltre un mese sull’amico della vittima, già tirato in ballo dalla madre di Stasi, ma sul quale evidentemente gli investigatori non sono ancora riusciti a trovare la prova decisiva del suo coinvolgimento nell’omicidio.
L’ultima chiamata ricevuta da Paolo, alle 17.29 del 9 novembre era memorizzata con il nome dell’amico e il numero due, come se si trattasse di un secondo recapito utilizzato dal presunto killer. La scheda telefonica collegata a quell’utenza non è intestata all’indagato, ma a un cittadino nigeriano che evidentemente non ha nulla a che fare con il delitto se non l’essersi prestato – probabilmente per un compenso di pochi euro – per fornire il proprio documento d’identità al momento dell’acquisto della scheda.
Il diciottenne ha un proprio numero di telefono.
Evidentemente per questo gli investigatori non sono in grado di collocare in maniera certa il ragazzo indagato a quell’ora in via Occhi Bianchi.
C’è poi il giallo della busta per la spesa che è stata trovata in casa con all’interno residui di marijuana e bustine per il confezionamento delle dosi: la madre di Paolo, Annunziata D’Errico, ha raccontato che si trovava accanto al corpo del figlio e di averla portata in casa durante i soccorsi. Ma non è chiaro per quale motivo lo abbia fatto.
L’inchiesta si snoda ormai chiaramente su due piani paralleli: da un lato l’evidente presenza costante della droga in casa Stasi della quale la madre era a conoscenza, dall’altro un delitto che proprio in un debito maturato con la marijuana troverebbe il suo movente. Con un’unica certezza: in questo momento chi ha ucciso Paolo è ancora libero.
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